Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

parafrasi -"Passer mai solitario in alcun tetto" ( Petrarca)

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    parafrasi -"Passer mai solitario in alcun tetto" ( Petrarca)

    Passer mai solitario in alcun tetto
    non fu quant’io, né fera in alcun bosco,
    ch’i’ non veggio ’l bel viso, et non conosco
    altro sol, né quest’occhi ànn’altro obiecto.

    5Lagrimar sempre è ’l mio sommo diletto,
    il rider doglia, il cibo assentio et tòsco,
    la notte affanno, e ’l ciel seren m’è fosco,
    et duro campo di battaglia il letto.

    Il sonno è veramente, qual uom dice,
    10parente de la morte, e ’l cor sottragge
    a quel dolce penser che ’n vita il tene.

    Solo al mondo paese almo, felice,
    verdi rive fiorite, ombrose piagge,
    voi possedete, et io piango, il mio bene.



    Componimento 226: il poeta gioca una carta di successo, l'incipit contiene il passero solitario. Il sonetto riprende il tema della lontananza connesso con quello della solitudine e dell'insonnia. Il passero solitario è ancora un alter ego del poeta, il sentimento individuale grazie all'abilità del poeta nella scrittura perde il valore contingente e diventa riutilizzabile (vedi Leopardi); il poeta ha scritto di sé ma sono testi recuperabili anche per la nostra esistenza. Solitario si lega a fu, nessun passero fu mai solitario su un tetto quanto lo sono io qui. Probabilmente si faceva riferimento ad una specie ornitologica precisa, il passero, cara ai poeti dai salmi pseudo-danteschi a Montale; salmo 101 v 108, factus sum sicut passer solitarius in tecto, Petrarca riprende quasi una citazione ad verbum ma attribuisce al verso un significato differente. Il passero è contrapposto alla fiera nel bosco, anch'essa non sola quanto il poeta. La tessitura fonica del sonetto connette la prima quartina e l'ultima terzina con una sorta di paronomasia solitario sol sol, serve a ribadire il concetto della solitudine; Petrarca non è nuovo a questi giochi specialmente in componimenti difficili per l'ordine delle parole diverso dalla sintassi abituale: attraverso la ricostruzione fonica il lettore coglie quasi d'istinto il significato. Questa capacità fonica verrà ripresa ed esasperata dal petrarchismo ed arriverà a Marino. La notte affanno: ricorda sestina 22. Nelle terzine c'è una sorta di enunciazione delle auctoritates; uom è il relitto dell'indefinito dell'italiano antico per la forma impersonale; sonno parente della morte, c'è Virgilio alle spalle. Dolce pensier: pensiero è la pena, latino cura, definito dolce con il solito ossimoro del pensiero d'amore dolce-amaro. Alla fine il tema della solitudine si unisce al tema della singolarità, il poeta è solo al mondo. Il paese dove sta la donna è almo e felice, datore di vita; il poeta piange perché è privo di tale bene. Il poeta parte da una descrizione naturalistica per arrivare ad un esito diverso, è difficile ricostruire tutte le immagini ma l'effetto è identico, le suggestioni sono immediate, riecheggia in noi il canto flautato del passero solitario.

     
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