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Parafrasi-Àrano (Myricae)

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    Àrano

    È una delle tante poesie di Myricae che si ispirano alla vita dei campi, questa volta descritta nel momento dell'aratura, in una giornata autunnale, al tempo della semina.


    Testo

    Al campo, dove roggio nel filare
    qualche pampano brilla, e dalle fratte
    sembra la nebbia mattinal fumare,
    arano: a lente grida, uno le lente
    vacche spinge; altri semina; un ribatte 5

    le porche con sua marra pazïente;
    ché il passero saputo in cor già gode,
    e il tutto spia dai rami irti del moro;
    e il pettirosso: nelle siepi s'ode
    il suo sottil tintinno come d'oro.

    Parafrasi

    Nel campo dove nel filare delle viti luccica ai riflessi del sole, qualche pampano rossiccio, i contadini arano: uno con lente grida d'incitamento spinge le lente vacche, un altro ribatte le zolle tra solco e solco, per coprire il seme e difenderlo dagli uccelli:
    infatti il passero, astuto e accorto, in cuor suo già gode pensando al cibo, e dai rami irti, perché spogli di foglie, del gelso osserva tutte le mosse dei contadini e delle bestie, pronto a volare sul campo, per beccare i semi non ricoperti dalla terra; altrettanto fa il pettirosso: nelle siepi in cui è nascosto, si ode il suo sottile, allegro canto, simile al tintinnio di un piccolo sonaglio d'oro o di una lamina d'oro percossa.


    Analisi dei contenuti


    La lirica, come tante altre di Myricae, trae spunto dalla vita dei campi: qui, l'aratura autunnale. Ma il paesaggio e il lavoro degli uomini sono immersi in un clima, in un' aura particolare, e ciò che si sarebbe potuto risolvere in un semplice e scontato bozzetto dì maniera realistica diventa espressione di uno stato d'animo, di un sentimento del vivere segnati di intensa malinconia.

    Il quadro appare a prima vista realistico, ma cela significati più profondi. La lirica si apre con una serie di impressioni visive, che sembrano registrate oggettivamente: la netta macchia di colore del pampano “roggio”, lo sfondo della nebbia che invece sfuma i contorni. Poi il quadro si precisa e si popola di figure umane e animali in movimento.

    Lo stacco tra i due momenti è segnato dal verbo “arano”, a cui conferiscono particolare rilievo la collocazione all’inizio del verso e di strofa e al termine del periodo sintattico, l’accento sulla prima sillaba, l’enjambement, il soggetto indeterminato.

    La quartina finale ribalta le prospettive. La scena è ora presentata attraverso un altro punto di vista, quello degli uccelli, che vengono dal poeta umanizzati. Quella che per i contadini è fatica, per gli uccelli è fonte di vita.

    La nuova prospettiva introduce nella poesia un tono più gioioso, che si concreta nell’ultima espressione fonica, in quel “sottil tintinno come d’oro” che risuona allegro nello scenario triste della campagna autunnale e nebbiosa. Nel paragone è celata una sinestesia, in quanto il suono evoca una sensazione visiva, il luccichio del metallo. La poesia si chiude così con un’altra notazione di colore brillante, in simmetria con il rosso del pampano che “brilla” in apertura.


    Aspetti metrico-stilistici

    La poesia è composto da 2 terzine di endecasillabi seguite da una quartina formata anch’essa da endecasillabi. Le rime sono incatenate nelle terzine (filare-fumare, fratte-ribatte, lente-paziente) e alternate nella quartina (gode-s’ode, moro-d’oro).

    Il periodo sintattico della lirica è unico e compendia tutta la situazione descritta: nella prima strofa viene descritta la bellezza un po’ triste dei paesaggi agresti, nella seconda il lavoro degli uomini e nella terza gli “spettatori” (il passero e il pettirosso).

    Nella strofa iniziale il verbo reggente (arano) cade in una sede metrica, infatti è all’inizio del primo verso della strofa successiva, proprio per sottolinearne l’importanza.

    Il ritmo cadenzato del quarto verso, grazie alla ripetizione (lente…lente) rimanda a quella pacatezza e a quella maestosità tipiche del lavoro. Tra le figure retoriche spicca l’ipallage del sesto verso: l’aggettivo (paziente) si riferisce grammaticalmente al sostantivo marra, logicamente al sostantivo contadino. Nel nono verso manca del verbo reggente, omissione che dà una maggiore agilità all’immagine; infine nell’ultimo verso c’è una similitudine.

    I caratteri sono quelli fondamentali della produzione pascoliana: sintassi elementare, uso di termini precisi e tecnici (in questo caso propri del lessico contadino) per evitare la banalità della lingua abusata, attenzione al valore fonico e simbolico della parola.

     
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